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Il Karate come supporto terapeutico per disturbi dello spettro autistico.

In occasione del 2 Aprile, ogni anno si celebra la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo.

Per parlane abbiamo chiesto alla Dott.ssa Sara Lamberti, Pedagogista Clinico ed analista del comportamento, di spiegarci cos’è l’autismo e di evidenziare gli studi che riportano come il Karate può essere un supporto terapeutico .

Ma che cos’è l’Autismo? 

L’Autismo è un disturbo del neurosviluppo che ha origine nei primi anni di vita e compromette lo sviluppo delle competenze socio-comunicative del bambino; esso può avere una manifestazione clinica estremamente variabile, al punto che, dal 2013, viene utilizzato più propriamente il termine di Disturbo dello Spettro Autistico, proprio nel tentativo di formalizzare la grande eterogeneità nel profilo di funzionamento di una persona con autismo.

Le principali manifestazioni cliniche del disturbo si hanno a carico di 2 aree in particolare, l’area della comunicazione sociale e interazione sociale e l’area degli interessi ristretti e ripetitivi, con una insorgenza rilevabile già a partire dai 6 mesi di età, sebbene i sintomi tendano ad essere più chiari ed evidenti intorno al secondo anno di vita. 

La compromissione di queste aree fa sì che si assista ad un ridotto interesse del bambino nella ricerca di stimoli sociali e nell’interazione con gli altri, una ridotta capacità e/o qualità nella comunicazione espressiva e recettiva, ad un ridotto interesse nell’osservare i comportamenti delle altre persone, alla presenza di interessi ristretti e fissi, di comportamenti caratterizzati da movimenti ripetitivi e stereotipati e ad una difficoltà nella flessibilità e nella capacità di problem solving.

Il coesistere di queste caratteristiche cliniche porta alla luce un quadro di un bambino con scarso interesse verso l’ambiente sociale circostante e che riesce a ricavare poche opportunità di apprendimento dalle interazioni sociali, apprendimento che tipicamente avviene nei bambini sin dalle prime ore di vita attraverso un processo di osservazione e imitazione.

Partendo delle caratteristiche cliniche del disturbo dello spettro autistico e, in particolare, la presenza di comportamenti ripetitivi e movimenti stereotipati, alcuni studi recenti hanno messo in rilievo quanto l’insegnamento delle arti marziali a bambini con autismo possa avere degli effetti benefici non solo sulla coordinazione e sull’apprendimento di schemi motori previsti in queste discipline, ma anche sulla capacità di autoregolazione emotiva e più in generale sulle funzioni esecutive, ovvero quel complesso di abilità che permettono ad una persona di  pianificare e stabilire obiettivi e le relative modalità per raggiungerli, monitorare e autoregolare il proprio comportamento per adattarlo alle situazioni specifiche controllando gli impulsi, anticipare le situazioni prevedibili, restare concentrati su un determinato compito per portarlo a termine inibendo gli stimoli distraenti.

Un primo studio ha valutato l’effetto del training delle arti marziali su un gruppo di bambini di età compresa tra gli 8 e gli 11 anni con diagnosi di disturbo dello spettro autistico, che nell’arco di 13 settimane hanno appreso tecniche e combinazioni di calci, colpi e prese. Il risultato di questo studio è stato che i bambini con autismo al termine delle 13 settimane di allenamento hanno dimostrato una maggiore inibizione comportamentale e flessibilità cognitiva, oltre che un miglioramento a carico della memoria di lavoro, e i genitori hanno riferito un miglioramento anche nella regolazione emotiva.

Un secondo studio, di Fatimah Bahrami e coll., invece ha valutato gli effetti di 3 mesi di allenamento nell’arte del kata (sequenze ripetute di attacco e difesa messe insieme all’interno di una struttura modellata) sulla frequenza delle stereotipie di 15 bambini con autismo di età compresa tra i 5 e i 16 anni; in questo caso, i risultati hanno dimostrato una significativa riduzione della stereotipia durante gli esercizi di gruppo che si è mantenuta stabile anche a distanza di un mese dal termine dell’allenamento.

È noto che, a causa degli importanti deficit che caratterizzano il disturbo dello spettro autistico, è importante offrire sin dai primissimi anni di vita dei percorsi terapeutici ad hoc che possano andare a stimolare le aree maggiormente compromesse. Tuttavia, non sempre questi percorsi terapeutici sono brevi e, nel corso degli anni, cambiano le esigenze, subentrano gli impegni scolastici e i bambini con autismo finiscono per trascorrere gran parte del loro tempo “lavorando” tra scuola, terapia, ecc., 

I risultati di questi studi suggeriscono come le arti marziali, come il Karate, non siano solo fisicamente coinvolgenti, ma anche cognitivamente e che gli obiettivi perseguibili nel lavoro terapeutico in setting individualizzati, possono essere integrati o estesi anche all’interno di attività sportive che siano al contempo divertenti e portatrici di nuove opportunità di socializzazione e di apprendimento nel e attraverso il gruppo.

Dott.ssa Sara Lamberti
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